teleferica

Quando, dopo la 1. Guerra Mondiale, la ditta S.A.I.M.T. (Società Anonima Imprese Minerarie Trentine) ha rilevato la miniera a Monteneve, l'attenzione era rivolta principalmente al miglioramento e alla razionalizzazione del trasporto del minerale. La Ditta costruì negli anni 1924-1926 una teleferica, basandosi essenzialmente sulle esperienze fatte durante la Grande Guerra sul fronte dolomitico.

La teleferica portava daS. Martino di Monteneve nella Valle di Lazzago, attraverso la Forcella di Monteneve, a quota 2.700 m. Sul pendio della montagna, di fronte al Poschhaus, era necessaria una stazione di deviazione rivolta verso l'impianto di arricchimento a Masseria.

I tralicci della teleferica erano in origine in legno e vennero sostituiti dopo la 2. Guerra Mondiale da tralicci in ferro.

Nei progetti c'era perfino la prosecuzione della teleferica fino alla stazione ferroviaria di Vipiteno, tuttavia fu costruito solo il tratto da Masseria a Mareta, dove il carico delle gondole veniva svuotato nel silo del minerale già esistente a Mareta ai piedi del piano inclinato di Mareta (presso l'attuale campo da calcio).

Più tardi venne costruita la stazione a valle con un silo del minerale molto capiente di fronte al Castello Wolfsthurn a Mareta.

Nel 1956, immediatamente sotto la Forcella di Monteneve, fu creato con l'esplosivo un traforo per la teleferica, che garantiva una maggiore indipendenza di esercizio in caso di vento e temporali.

All'inizio il trasporto per Vipiteno doveva ancora essere effettuato con carri, dopo la 2. Guerra Mondiale esso fu effettuato con autocarri. Nel 1965 la costruzione dell'odierna strada provinciale fino in fondo alla valle dietro a Masseria era terminata. Da allora gli autocarri ritiravano il concentrato di piombo e di zinco a Masseria e lo portavano direttamente alle fonderie dell'Italia settentrionale o all'estero. Il relativo tratto della teleferica venne demolito. Il suo percorso in mezzo alla Val Ridanna attraverso il colle di S. Lorenzo e di S. Maddalena rimase visibile ancora per molti anni come una striscia larga e bruna, poiché il terreno rimase a lungo impregnato dal concentrato di piombo che cadeva dalle gondole della teleferica. Oggi si vede ancora chiaramente la pista tagliata attraverso il bosco vicino alla chiesa di S. Maddalena.

Con la teleferica il trasporto del minerale venne notevolmente sveltito. Solo 70 minuti impiegava una gondola daS. Martino di Masseria. Prima un carrello su rotaia sull'impianto di trasporto impiegava almeno 3 ore – una bestia da soma circa 6 ore.

Con la messa in funzione della teleferica fu reso possibile per la prima volta il trasporto del minerale da Monteneve durante tutto l'anno, anche se d'inverno tormente di neve, abbandonanti nevicate e valanghe provocavano fastidiose interruzioni e sottoponevano uomini e materiali a dure prove.

Nel 1985 la teleferica, questa meraviglia della tecnica, fu demolita fino all'ultimo tratto per Masseria, assieme alla stazione di carico a Monteneve e venne di fatto rasa al suolo.

Benedikt Hochrainer (classe 1926) di Ridanna ha lavorato in miniera dal 1951 al 1982, principalmente come sorvegliante della teleferica. Uno dei ricordi che gli è rimasto più impresso è il rigidissmo inverno del 1951, quando il manto nevoso era così alto che i vagoncini della teleferica rimasero bloccati nella neve: "Circa 30 minatori, nel febbraio del 1951, dovettero scavare nella Valle di Lazzago un canale profondo diversi metri sotto la traccia della teleferica. Io ero assieme a Stefan Markart a scavare presso il traliccio 20, quando ci giunse l'avvertimento di allontanarci, perché volevano mettere in funzione la teleferica. Nello stesso momento sfrecciavano già i vagoncini verso la valle. Istintivamente capimmo che si era rotta la fune. Sul traliccio sopra di noi i vagoncini uscivano dalla guida e precipitavano nella neve alta come bombe. La fune spezzata rotolava aggrovigliata attraverso la neve con la forza di un uragano. Dopo parecchi disperati tentativi riuscimmo ad uscire dal canale profondo circa quattro metri e a metterci in salvo dietro degli alberi. Sicuramente fu S. Barbara ad aiutarci."