scoperta del giacimento

L'inizio dell'attività mineraria a Monteneve si perde nell'oscurità della storia. Un fatto questo che fa pensare ad un inizio molto remoto dell'attività mineraria, con successive interruzioni piuttosto lunghe. In nessuna fonte scritta si trovano indicazioni chiare sull'inizio dell'attività mineraria. Gli autori rimandano semplicemnte, ciascuno secondo le sue conoscenze, ad anni diversi (1479, 1402, e infine 1237) nei quali risulta già documentata l'attività mineraria a Monteneve.

Ritrovamento: con questo termine nel linguaggio dei minatori si intende la scoperta di una vena metallifera e con ciò l'apertura di una miniera.

Attività mineraria preistorica a Monteneve?

Si impone la domanda se a Monteneve non sia stato estratto il minerale già in età preistorica. Molte indicazioni depongono a favore di questa ipotesi, ma hanno trovato finora nella ricerca su Monteneve troppo poca considerazione. Sono state descritte e studiate coltivazioni cronologicamente successive di minerali d'argento, di piombo e di zinco come minerali principali. Del minerale di rame, che è presente in modo massiccio in varie zone a Monteneve, quasi non si è tenuto conto. Del fatto che venisse coltivato anche il rame in forma di calcopirite (CuFeS) e del minerale di trasformazione, la malachite (carbonato di rame), danno chiara testimonianza le primitive buche del rame nella parete sud dell'"Himmelreich" (Paradiso). In quel luogo non affiorano altri minerali, all’infuori di quelli ramiferi. Nel settembre 1999 è partito un progetto di ricerca interdisciplinare dell'Università di Innsbruck, diretto dall'Istituto per la ricerca dell’alta montagna sotto la guida del professor Gernot Patzelt. Uno degli obiettivi dichiarati è la ricerca dell'inizio dell'attività mineraria a Monteneve. In un primo sopralluogo, oltre a diverse schegge di selce, ossa calcinate, carbone di legna e pezzi di legno, sono state scoperte, soprattutto nelle buche del rame a Himmelreich, tracce della tecnica antichissima dell'attività mineraria, quando ancora si staccavano con semplici cunei di legno pezzi di minerale dalla roccia madre. Informazioni particolari ci si aspetta dall'analisi dei pollini, che sono conservati da millenni nella torba del Hochmoor di Seemoos (Palude del lago) a Monteneve. Altre conoscenze dovrebbero venire dagli esami delle scorie di fusione degli antichissimi forni presso S. Martino e il Paradiso, le quali, già da una prima e superficiale osservazione, rivelano con la loro colorazione un'alta quantità di rame; esse erano già state individuate dall'Università di Innsbruck come scorie di fusione del bronzo.

Il tempo non è ancora maturo per dichiarare in maniera definitiva che l'attività mineraria a Monteneve è molto più antica di quanto fino ad ora si presumeva, come sembrano confermare i primi risultati della ricerca. In ogni caso ci si aspetta di avere ancora molte sorprese. Forse una di queste sorprese potrebbe diventare una piccola sensazione, se si pensa che la provenienza del rame per l'ascia di Ötzi fino ad ora non è ancora stata accertata. Il luogo di ritrovamento dell'uomo del ghiaccio si trova solo a circa 25 km di distanza in linea d'aria da Monteneve. A Monteneve si è da sempre trovato minerale di rame in superficie, e i sentieri preistorici tra gli insediamenti portavano attraverso alti gioghi e valichi. Ogni ulteriore conclusione appartiene per ora al campo delle ipotesi.

Da dove proviene il rame per l'ascia di Ötzi?

Ötzi: la mummia del ghiaccio, vecchia di circa 5300 anni, che è stata rinvenuta nel 1991 tra la Val Senales e la Ötztal e che ora è esposta a Bolzano.

Le leggende e il loro nucleo di realtà

Nell’antichità, quando non si riusciva a spiegarsi eventi culturali o particolari fenomeni naturali, si creavano sempre in tutte le popolazioni del mondo miti e leggende, tendenti a fornire un'interpretazione semplice di complessi fenomeni storici o naturali. Prescindendo da abbellimenti e da insegnamenti morali, che venivano aggiunti nel corso della trasmissione da generazione a generazione, rimane tuttavia in ogni leggenda un "nocciolo di verità". Perciò le leggende non sono solo divertenti storielle, ma sono nello stesso tempo anche storie della cultura di un popolo.

Leggenda sull'inizio dell'attività mineraria:

Una variante più semplice, di Völkl, racconta di un cacciatore di camosci della Passiria che, stanco, si sedette a Monteneve su un sasso per riposarsi. "Mentre si alzava urtò il sasso, che rotolò giù dalla montagna, lasciando allo scoperto un posto pieno di materiale luccicante, che il cacciatore riconobbe come argento puro."

La più nota leggenda sull'inizio dell'attività a Monteneve è la seguente: "Una volta un cacciatore dalla Val Passiria partì per Monteneve per cacciare camosci. Mentre a Seemoos riposava su un masso, osservando furtivamente le creste intorno per spiare la selvaggina, scorse, seduta sulla riva del lago alpino, una Salige (figura femminile che impersona lo spirito della natura), con indosso uno splendente vestito d'argento, bianco e scintillante come i ghiacciai circostanti. Ella fece cenno al cacciatore di avvicinarsi e gli mostrò luccicanti pietre preziose che teneva nel grembo. Avrebbe donato tutti quei tesori al cacciatore e gli avrebbe mostrato i luoghi di ritrovamento, se egli le avesse promesso di desistere dal cacciare la selvaggina che stava sotto la sua protezione. Gli chiese di fracassare la sua balestra e di giurare che non avrebbe cacciato mai più. Il cacciatore fracassò la sua balestra e fece il giuramento. Allora la fanciulla mostrò al cacciatore delle fenditure nella roccia piene di argento puro; ma lo minacciò anche di severa punizione se avesse rotto il suo giuramento, e improvvisamente sparì dalla sua vista.

Ben presto con il cacciatore salirono dei minatori sulla montagna inospitale. Vennero scavate gallerie dopo gallerie e dovunque si trovava ricco minerale che veniva trasportato a valle in grandi quantità. Durante i rigidi mesi invernali il lavoro si fermava ma, appena il Föhn rompeva i ghiacci, schiere sempre più numerose di minatori salivano a Monteneve, ricco di minerale, dove ben presto sorse un piccolo villaggio. Il cacciatore diventò molto ricco e aveva tutto ciò che voleva, ma nei giorni della sua vecchiaia, si risvegliò in lui nuovamente la passione mai sopita della caccia, si costruì una nuova balestra con una robusta corda e, immemore del suo giuramento, (una domenica) abbatté un magnifico camoscio. La punizione arrivò immediatamente: un blocco di roccia si staccò dalla parete e stritolò lo spergiuro. Il giorno dopo, quando i minatori arrivarono alla miniera, non trovarono più minerale d'argento ma solo blenda senza valore, che non si poteva fondere." (Racconto di Heilfurth e tradizione orale)

Salige: Essere femminile soprannaturale, spirito della natura. Il nome deriva da "selig" (beato). In varie leggende tirolesi queste figure femminili proteggono la natura, aiutano i contadini con consigli e, in rari casi, contraggono con loro perfino un'unione carnale di tipo magico-religioso.

Accingendosi con tutte le riserve del caso alla delicata interpretazione del "nocciolo realistico" di questa leggenda, appare chiaro che essa fa comunque riferimento ad un periodo in cui solo la coltivazione del minerale argentifero era economicamente interessante e redditizia. Diciamo subito che si tratta di un periodo anteriore al 1450. Nel 1237, quando per la prima volta l'argento di Monteneve viene citato come mezzo di pagamento, sicuramente l'estrazione si limitava solo all'argento. D’altra parte si presume che il periodo di fioritura della coltivazione dell'argento abbia avuto termine già intorno al 1360. In ogni caso la coltivazione dell'argento a Monteneve, dopo un primo periodo di iniziale entusiasmo, non apparve soddisfacente e si ebbe una lunga interruzione dell'attività mineraria fino al XV secolo, cosa che spiega anche la mancanza di fonti scritte.

Il motivo per cui diminuì improvvisamente l'argento nei filoni a Monteneve, cosa che nella leggenda viene spiegata come giusta punizione del cacciatore spergiuro, ha tuttavia una valida spiegazione scientifica. L'argento, che è presente in scarsa quantità in tutti i filoni a Monteneve (in media 1 kg per tonnellata), è stato dilavato durante milioni di anni dalle acque

interne e si è presentato in forma abbondante nell'affioramento dei filoni. Gli studiosi parlano della cosiddetta cementazione. I primi minatori a Monteneve trovarono quindi all'inizio dei filoni d'argento che presumevano ricchi, e che invece si impoverivano radicalmente già dopo pochi metri, spesso anche dopo pochi decimetri, finché rimaneva solo la "blenda senza valore", come si dice nella leggenda, minerale che a quel tempo non era utilizzabile.

Blenda: con questo termine si indicano nella voce popolare tutti i composti dello zolfo (solfuri). A Monteneve essi sono principalmente galena e blenda.

I Norggen: Accanto alla leggenda della scoperta di Monteneve esistono nella Val Passiria di dentro e a Ridanna parecchie leggende dei "Norggen". I Norggen, nel diminutivo anche Nörggeler, corrispondono in altri luoghi a gnomi o a coboldi. La denominazione deriva da "Orcus", la divinità del regno dei morti. I Norggen sono spiriti di morti non liberati e appartengono al mondo delle saghe retoromane. Nelle numerose leggende si dimostrano molto soccorrevoli e fanno diversi lavori per i contadini, principalmente la macinatura dei cereali nei mulini. Se però vengono provocati, la loro cattiveria non conosce limiti oppure spariscono.

"A Saltnus (Salto) in Passiria viveva un Nörglein servizievole, che non era molto più grande di una pigna. Bastava portare i cereali al mulino, e lui li macinava nel modo desiderato. (...) Siccome il contadino si accorse che la giacchetta dello gnomo era tutta piena di buchi e tutta strappata, gliene fece fare una nuova e la portò al mulino. Allorché il Nörglein vide il suo vestito nuovo, iniziò a piangere e a lamentarsi: "Adesso devo scendere nell'Ötztal con i miei nuovi stracci e con le mie cose!" Con queste parole si allontanò e non tornò mai più. Se si fosse lasciato il Nörglein senza compenso, finché gli fossero caduti i vestiti dal corpo, sarebbe stato liberato." (Zingerle)

Notevoli sono i paralleli nella raffigurazione degli gnomi con i minatori del primo Medioevo. Per il lavoro nelle gallerie basse erano più adatti uomini di bassa statura e questi venivano molto spesso da paesi stranieri. Della tipica tenuta da lavoro faceva parte in ogni caso, oltre al batticulo, il berretto a punta.