illuminazione

Si presume che agli inizi dell'attività mineraria sotterranea i minatori usassero i soliti metodi casalinghi di illuminazione. Solo a poco a poco furono realizzate delle apposite lampade da minatore, rispondenti alle necessità del lavoro in galleria - un'evoluzione tecnologica che si protrasse per millenni e la cui fase più ricca di innovazioni è certo quella che va dal tardo Medioevo fino alla fine del XIX secolo.

La forma di illuminazione dei pozzi più antica che si conosca nell’Europa centrale è quella con la torcia di legno resinoso. Si trattava di pezzi di legno molto resinosi di larice o d’abete, lunghi da 10 a 15 cm, tagliati a listelli piatti o quadrangolari, per lo più impregnati di cera. I primi ritrovamenti dell'epoca dell'industria mineraria celtica di salgemma a Hallstatt risalgono al periodo dal 900 fino al 400 a. Cr. Durante il lavoro questo protominatore teneva la torcia in bocca. Quando perdeva i denti era finito, cioè era inabile al lavoro. Più tardi vennero usati dei supporti metallici per le torce. Nel Tirolo se ne usavano in parte ancora nel XIX secolo.

In Egitto si conoscevano lampade aperte ad olio o grasso in oro, bronzo o argilla già migliaia di anni fa. Probabilmente le prime lampade in argilla furono portate nell'Europa centrale da legionari romani. Come materiale combustibile veniva usato olio vegetale o grasso animale (sego), da cui viene anche il nome lampada a sego. Esistevano anche semplicissime lampade a sego in pietra. Dal XVI secolo conosciamo le prime realizzazioni in ferro battuto, più tardi i pezzi singoli vennero saldati con ottone e alla fine vennero perfino realizzate lampade in un'unica fusione. Mentre le lampade a sego rimanevano sempre aperte, nel XVII secolo le lampade ad olio venivano chiuse, per prevenire lo spargimento dell'olio. Non si sa come mai questo tipo di lampada fu denominata Froschlampe o "Ölfrosch". Intorno alla metà del XVIII secolo venne realizzata una speciale lampada ad olio, piccola e leggera: era la "Schelle" o "Kopfschelle" , lampada frontale, la quale, come dice il nome stesso, veniva portata sulla parte frontale del berretto da minatore. In questo modo il campo di lavoro davanti al viso veniva bene illuminato e le mani rimanevano libere per il lavoro. Questo vantaggio era fornito anche dalla "Freiberger Blende", una lampada usata soprattutto a Freiberg (Sassonia) e nell'Harz (Selva Ercinia) con un contenitore in legno di tiglio. La lampada veniva portata intorno al collo, fissata con una cordicella. Fonte di luce era una lampada ad olio a forma di sfera, chiamata Kuckuck, o semplicemente anche solo una lampada a sego o una candela.

In questo contesto va ricordato che, proprio in area alpina, fin dal tempo dei Romani, venivano spesso impiegate per l’illuminazione delle candele poste su svariati tipo di supporto. Esse venivano realizzate con cera d’api o con sego, lo stoppino era costituito da tendini animali essiccati, da fili di lana o di lino.

L'era delle lampade ad olio finì quasi improvvisamente con l'introduzione della lampada a carburo, intorno al 1900. La sua fiamma dava una luce almeno dieci volte superiore a quella fornita dall'illuminazione tradizionale ed era anche più resistente contro le correnti d'aria e l'acqua di percolazione.Secondo l'uso cui erano destinate, tutte le lampade citate hanno assunto svariate forme, che vanno dalla semplice lampada a mano a quella applicata sulla fronte fino alla lampada da sfilata, lavorata artisticamente.

La lampada a carburo consiste in due parti separabili. Nel contenitore inferiore, per lo più in spessa lamiera o in ghisa, viene introdotto il carburo, mentre la metà superiore (in genere un contenitore in ottone) viene riempita d'acqua. Attraverso un'apertura regolabile l'acqua gocciola sul carburo, e si forma così dell'acetilene. Questo fuoriesce da un ugello e arde con una fiamma straordinariamente luminosa.

Il carburo è un composto di carbonio e di calcio (CaC2), che viene prodotto con intenso riscaldamento (2.570°) di calce viva e carbone o koke (CaO+3C = CaC2+CO). Dal contatto di carburo ed acqua si sviluppa l’acetilene (C2H2).

La lampada tedesca di sicurezza a benzina di Seippel veniva usata nelle miniere di carbone, dove poteva provocare facilmente delle esplosioni di gas metano

Bisogna ricordare anche le lampade a petrolio e a benzina, le lampade di sicurezza, che venivano usate prevalentemente nelle miniere di carbone, dove c'era il pericolo di spegnimento per un soffio d'aria. Alle grandi profondità si incontrava il gas metano, facilmente infiammabile, che con l'uso di lampade a fiamma libera provocava tremende esplosioni. L'ultimo stadio nell'evoluzione delle lampade da miniera è caratterizzato dall'introduzione del frontalino elettrico negli anni sessanta del XX secolo. Tuttavia esistono ancora oggi anche lampade frontali a carburo, il cui contenitore del carburo, così come la batteria della lampada elettrica, viene fissato ad una cintura intorno ai fianchi. Il vantaggio di una lampada a fiamma sta nel fatto che si spegne in caso di mancanza di ossigeno e avverte così il minatore di questo pericolo.

Per l'illuminazione costante nei pozzi si vanno affermando da un po' di tempo le cosiddette lampade ad aria compressa. Funzionano come una dinamo, ma vengono azionate con aria compressa.

La lampada ad aria compressa ha la stessa capacità d'illuminazione di una lampada al neon.