estrazione del minerale dalle gallerie
Quanto più profondamente si scavava nella roccia, tanto più dispendioso era il trasporto a giorno del minerale e della roccia sterile. Con l'avanzamento giornaliero molto scarso consentito dalla tecnica di sottoescavazione probabilmente i minatori trasportavano fuori il prodotto dell’abbattimento giornaliero nei loro berretti a punta o negli zaini. Quantità di roccia più grandi venivano trasportate nei cosiddetti "cani da miniera" (carrelli). Perciò quelli che erano addetti al trasporto si chiamavano "spingitori dei cani da miniera". Si presume che a Monteneve, per tale lavoro non specializzato, venissero impiegati anche dei bambini, come si usava nel Medioevo in tutta l'Europa. L’estrazione in verticale veniva effettuata tramite degli aspi, cioè dei semplici argani o verricelli. Dall'alto in basso il materiale veniva fatto cadere attraverso pozzi verticali, i cosiddetti canali di scarico. Da dei semplici elevatori inclinati a secchi d'acqua (con acqua come contrappeso) il trasporto sottoterra a Monteneve si sviluppò fino agli elevatori obliqui a più sezioni, azionati con corrente elettrica, nella galleria St. Martin. Ancora negli anni cinquanta del XX secolo i tre muli Giacomo, Piero e Gina tiravano i carrelli vuoti nella galleria St. Martin. I carrelli carichi uscivano da soli grazie ad una leggera pendenza. Il punto finale di questa evoluzione si ebbe dopo il 1968, con il trenino da miniera nella galleria Poschhaus.
Cane: in origine un semplice cassone di legno su ruote. Queste correvano su stanghe di legno accostate e parallele, mentre un piolo che scorreva tra di queste fungeva da guida. I carrelli di ferro oggi rimasti furono introdotti dopo il passaggio della miniera agli Italiani. La definizione di cane viene da Agricola, che paragonava il cigolio delle ruote di legno al guaito di un cane.